Per anni ho creduto che i “previ scirigón”, le libellule, fossero scomparse perché noi ragazzi le cacciavamo e le attaccavamo una “busca”, una pagliuzza, alla coda. Qualcuno diceva anche che erano commestibili e avevano il gusto del tonno. Poi mi hanno spiegato che la loro sparizione era dovuta all’inquinamento e mi sono riappacificato con me stesso.
Le più ambite erano quelle con la coda rossa, le più rare. Quante torture hanno dovuto subire, povere libellule… e che dire dei pescatori che le usavano come esca…
Come il “tiralastik”. Cercavamo un pezzo di legno, lungo e piatto su un lato; poi tagliavamo a dischi la “camera ad aria” bucata e inservibile di una bicicletta, quindi provvedevamo una pinza (“molletta”) di quelle che si usano per assicurare i panni stesi ad asciugare al sole. Fissandola bene con alcuni dischi di camera d’aria, la piazzavamo su un lato del pezzo di legno. Quindi intrecciavamo gli altri dischi facendone una specie di catena. Lunga meno del pezzo di legno, di modo che, inserendola nella “molletta” e fermandola all’altro lato, stesse bene in tensione. Il tutto aveva l’apparenza (con molta immaginazione) di un fucile e, mirato il bersaglio, aprivamo la pinza facendo partire l’elastico.
D’inverno il freddo faceva ghiacciare l’acqua piovana che ristagnava nelle strade e nei cortili. Prendevamo la rincorsa e scivolavamo, in piedi (quasi sempre), su queste lastre ghiacciate. La chiamavano “la sguirgaróla”.
Lascia un commento